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M. M. Ciammaichella, A. Galanti, C. Rossi
Dirigente Medico I livello
U.o.d. Medicina I per l’Urgenza
Azienda Ospedaliera S. Giovanni - Addolorata - Roma, Italia
(Dirigente Medico II livello: Dott. G. Cerqua)
PROTEINA C-REATTIVA E RISCHIO CORONARICO KEYWORDS
proteina C-reattiva, IMA, angina
L’Autore ha esaminato il valore predittivo della PCR nella patologia aterosclerotica
Evidenze cliniche sempre più numerose attribuiscono un ruolo di primo piano alla risposta infiammatoria nella eziopatogenesi della patologia cardiovascolare aterosclerotica. Ha suscitato un grande interesse il ruolo svolto dagli elevati livelli plasmatici di proteina C-reattiva (PCR) nell’ambito della patologia cardiovascolare. Da numerose esperienze si documenta che elevati livelli plasmatici di PCR siano predittivi di IMA, ictus cerebri, arteriopatia obliterante periferica (AOP) sia in soggetti sani e come tali a basso rischio cardiovascolare che in soggetti ad alto rischio cardiovascolare come quelli con anamnesi positiva per angina pectoris stabile ed instabile e pregresso IMA. E stata ipotizzata inoltre la possibile interazione tra livelli plasmatici di PCR ed efficacia delle comuni terapie faramacologiche (antiaggregante e ipocolesterolemizzante) usate per la prevenzione primaria e secondaria della prevenzione aterosclerotica. Si ipotizza, pertanto, che la misurazione dei livelli plasmatici di PCR possa aggiungere un nuovo tassello nella stima del rischio vascolare globale
Comprende l’insieme delle modificazioni che si producono nel nostro organismo in risposta a stimoli di natura diversa (infezioni, traumi, etc.) ed è sostenuta da un gran numero di mediatori che includono, citochine, anafilotossine, glucocorticoidi. Alcuni di questi vengono rilasciati nel sito di infiammazione da parte di macrofagi attivati, linfociti ed altri tipi cellulari differenziati. A livello locale diverse citochine (IL-1 e TNFalfa) stimolano le cellule stromali (endoteliali e fibroblasti) a rilasciare una seconda cascata di citochine e chemochine attraverso cui viene modulata la migrazione linfocitaria nel sito di flogosi. Le cellule endoteliali partecipano anche attraverso l’espressione sulla superficie cellulare di molecole di adesione che interagiscono con le cellule leucocitarie mediandone il passaggio transendoteliale. Il processo infiammatorio acuto innesca una serie di reazioni che coinvolgono l’intero organismo. In particolare modifica l’omeostasi termica interferendo con i meccanismi di controllo della temperatura corporea a livello ipotalamico con comparsa della reazione febbrile. Inoltre i mediatori umorali della flogosi acuta influenzano l’attività della sintesi epatica (IL-1 e 6, glucocorticoidi, fattori di crescita). Mentre le citochine agiscono stimolando l’espressione genica delle proteine della fase acuta, i glucocorticoidi ed i fattori di crescita modulano l’azione delle citochine a livello epatico. Le cellule epatiche pertanto rispondono ai mediatori della flogosi aumentando o riducendo la sintesi di svariate proteine (FIG. 1) FIG. 1: Mediatori della infiammazione modulanti la sintesi epatica delle proteine della fase acuta
Normalmente la risposta infiammatoria acuta dura alcuni giorni.
La PCR è una molecola pentamerica costituita da 5 subunità identiche legate in modo covalente. La PCR è in grado di attivare il sistema complementare, di stimolare la fagocitosi, di attivare i leucociti e macrofagi, di opsonizzare. Inoltre è in grado di,legare selettivamente in vitro le LDL ed è presente anche nelle lesioni ateromasiche dell’aorta umana mentre è assente nelle coronarie sane. Depositi di PCR sono invece presenti nelle coronarie aterosclerotiche ed in quelle con ispessimento intimale, essendo l’entità dell’accumulo direttamente correlata alla severità della patologia aterosclerotica. Da ciò si evidenzia che la PCR possa essere correlata alla presenza ed alla progressione del processo ateromasico coronarico e che lo sviluppo dell’aterosclerosi coronarica sia strettamente associato ad un processo infiammatorio intimale. E’ stata inoltre segnalata la tendenza alla colocalizzazione della PCR con frammenti di complemento attivati a livello del miocardio necrotico in pazienti deceduti per IMA, in virtù della abilità da parte della PCR a legarsi con lisofosfolipidi di membrana delle cellule del miocardio ischemico. In condizioni di ischemia miocardica la composizione di membrana delle cellule miocardiche si modificherebbe per azione della fosfolipasi A2 (isoforme cellulare e secretoria) con esposizione dei ligandi lisofosfolipidici necessari al legame della PCR (teoria del flip-flop). La PCR una volta formato il complesso con gli specifici ligandi attiverebbe la via classica del complemento cui conseguirebbe l’attivazione e l’attrazione dei granulociti neutrofili (C3a-C5b-9), la formazione del coagulo (C5a-C5b-9), la lisi cellulare (C5b-9), l’effetto aritmogeno (C3a-C5a).
Elevati livelli plasmatici di PC si associano ad aumentato rischio di eventi cardiovascolari. E’ stato documentato che i livelli plasmatici di PCR erano più alti in pazienti con angina instabile o stabile rispetto a soggetti apparentemente sani e più alti nei pazienti con angina instabile che stabile. Da tutti gli studi emerge che elevate concentrazioni plasmatiche di PCR rappresentino un fattore predittivo indipendente di aumentato rischio cardiovascolare. Occorre tuttavia tenere presente i due fattori confondenti. Il primo è rappresentato dall’età dei pazienti alla prima valutazione clinica: la PCR è un predittore significativo del rischio coronarico in soggetti di età inferiore ai 45 anni. Il secondo è rappresentato dalla durata del follow-up: il potere predittivo della PCR è confinato ai primi due anni. Infine non bisogna dimenticare tutti quei fattori in grado di influenzare la predittività della PCR:età avanzata, fumo, diabete, iperlipidemie, ipertensione, obesità, sedentarietà, impiego di salicilati e statine.
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