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M. M. Ciammaichella, A. Galanti, C. Rossi
Dirigente Medico I livello
U.o.d. Medicina I per l’Urgenza
Azienda Ospedaliera S. Giovanni - Addolorata - Roma, Italia
(Dirigente Medico II livello: Dott. G. Cerqua)
LINEE-GUIDA PER L’ASSISTENZA AL POLITRAUMATIZZATO KEYWORDS
POLITRAUMA, ASSISTENZA
L’Autore ha esaminato l’assistenza al politraumatizzato
Per politraumatizzato si intende quindi un soggetto che per cause meccaniche di diversa specie subisce lesioni a carico di vari organi ed apparati. Tali lesioni possono interessare contemporaneamente più distretti corporei. Generalmente si tratta infatti di lesioni viscerali delle tre cavità (cranio, torace, addome) associate a fratture maggiori di ossa lunghe o di vertebre e/o a gravi danni ai tessuti molli; questi fattori mettono a repentaglio la vita del paziente per l’instaurarsi di una insufficienza respiratorio o cardiocircolatoria.
TRAUMA CRANICO Comprendendo le lesioni delle varie strutture dell’estremità cefalica conseguenti ad un evento traumatico. Spesso sono associati a lesioni traumatiche del torace, dell’addome o degli arti (politraumatismi). In complesso, i traumi cranici si possono dividere in due grandi categorie:
Lesioni delle parti molli pericraniche Comprendendo le escoriazioni, cioè minime lesioni traumatiche degli strati superficiali del cuoio capelluto; l’ematoma, talora abbondante richiede uno svuotamento; le ferite lacero contuse, richiedono la sutura chirurgica.
Fratture del cranio Possono essere localizzate alla volta cranica o alla base, oppure interessare entrambi questi distretti. Le fratture possono avere un aspetto quanto mai vario: lineare a stella, ma quello che importa soprattutto è se i frammenti ossei della frattura sono ritenuti nella loro sede normale oppure sono infossati all’interno del cranio, poiché in questo caso la loro presenza rappresenta un fattore complessivo sull’encefalo sottostante e richiede un intervento chirurgico tendente appunto a rimuovere questi frammenti ossei. Altro elemento importante è rappresentato dalla frattura esposta cioè associata ad una lacerazione della dura e ad una ferita lacero contusa del cuoio capelluto soprastante, la quale può essere causa di una contaminazione infettiva, e che appunto per questo motivo, richiede un intervento chirurgico d’urgenza.
Lesioni endocraniche La massa encefalica all’interno del cranio è fissata dal cranio stesso in maniera piuttosto lassa mediante connessioni rappresentate da vasi e da nervi, per cui l’encefalo conserva una certa mobilità, circondato come è da un cuscinetto di liquor cefalo-rachidiano. Durante un trauma cranico, l’encefalo è sottoposto a bruschi movimenti che lo portano ad urtare in vari punti contro strutture interne del cranio. Questo è un meccanismo per cui un trauma cranico interessa non solo le strutture craniche propriamente dette ma anche l’encefalo in esso contenuto. Le lesioni encefaliche che possono conseguirne sono:
Ematoma sottodurale acuto A seguito della lacerazione di un vaso cerebrale superficiale, il sangue si raccoglie fra superficie corticale stessa e dura madre. Raggiungendo un certo volume, l’ematoma esercita un’azione espansiva endocranica. In questo caso bisogna intervenire chirurgicamente.
Ematoma extradurale acuto In questi casi è la lacerazione di un vaso meningeo, l’arteria meningea media, che in genere si lacera a seguito di una frattura della squama temporale, che provoca una fuoriuscita di sangue nello spazio compreso fra la dura madre e teca cranica. L’ematoma consiste nel fare un foro di trapano e nell’evacuare l’ematoma.
Coma cerebrale Come detto prima la rapida evoluzione della lesione espansiva endocranica provoca un quadro di ipertensione endocranica che evolve rapidamente. In questo caso uno degli aspetti caratteristici è appunto il coma. Questa è una situazione clinica in cui il paziente perde coscienza e la sua condizione esterna assomiglia a quella di una persona addormentata. Clinicamente si distingue un:
Questa situazione dei vari stadi di coma è solo apparentemente semplice: nella pratica, risulta male applicabile e poco precisa. Si raccomanda l’uso della scala di Glasgow .
Coma trapassato o morte cerebrale Rappresenta una situazione di coma ormai irreversibile, in cui si ha la morte dell’encefalo; la sopravvivenza degli arti organi viene mantenuta artificialmente. In questo caso non è possibile il recupero alla vita di questi pazienti. Sono questi candidati al prelievo d’organo per trapianto dopo che una commissione medica ha certificato l’irreversibilità della situazione.
I traumi del torace si possono distinguere in traumi chiusi ed aperti. Traumi chiusi sono quelli in cui l’agente traumatizzante non attraverso la parete toracica. Essi possono essere complicati sia da fratture dello sterno e delle coste, sia da lesioni viscerali endotoraciche; a questi possono essere complicati sia da fratture dello sterno e delle coste, sia da lesioni viscerali endotoraciche; a questi possono conseguire pneumotorace (presenza di sangue nel cavo pleurica), emotorace (sangue nel cavo pleurico), enfisema mediastinico o sottocutaneo (aria del mediastino o sottocute). Quando siano presenti sia aria che sangue in cavo pleurico si parla di emopneumotorace. Le fratture dello sterno sono solitamente uniche e trasversali e possono accompagnarsi a compressione dei visceri sottostanti, in particolare del cuore e dei grossi vasi. La complicanza più frequente è la frattura delle coste; questa può avvenire per raddrizzamento delle coste o per incurvamento di esse a seconda di dove agisce l’agente traumatizzante. Il dolore si acuisce con la respirazione e perciò il paziente tende a conservare una respirazione superficiale. La rottura di uno o più vasi intercostali può dare origine ad un emotorace. Qualora invece più coste vicine siano fratturate in due punti si potrà avere il cosiddetto respiro paradosso in cui la zona del torace corrispondente alle fratture costali (lembo costale), viene attratta dentro durante l’espirazione verso la zona di frattura; la conseguenza a ciò è il mancato svuotamento del sangue dalle vene cave al cuore. Traumi aperti sono quelli in cui l’agente traumatizzante perfora la parete toracica. Le ferite possono rimanere aperte ed instaurare un pneumotorace aperto. In questo caso durante l’inspirazione l’aria penetra nella breccia pleurica spinge il mediastino verso l’emitorace sano comprimendo il polmone sano il quale viene impedito nella sua normale espansione. Nella fase successiva espiratoria l’aria endopleurica viene in parte espulsa e il mediastino viene attratto verso la breccia. Nel pneumotorace aperto l’impedimento all’espansione del polmone sano crea ostacoli alla normale ventilazione più di quanto non accada nel pneumotorace chiuso, in cui il polmone sano non viene compresso nella fase inspiratoria.
La parte dell’addome e i visceri possono essere lesi da traumi:
La lesione della parete addominale può essere visibile come una contusione o una ferita. La zona è dolente e contratta tanto da impedire la palpazione profonda. Ogni ferita penetrante della parete addominale va esplorata estendendola in anestesia locale onde determinare se il peritoneo è stato aperto e in tal caso l’esplorazione proseguirà in anestesia generale. Tale politica, anche se può apparire eccessiva nei casi più limitanti, vale ad evitare che sfuggono perforazioni di visceri cavi (colon) che potrebbero causare una peritonite con alta carica batterica. Da un punto di vista diagnostico hanno maggior importanza comunque per frequenza i traumi chiusi nei quali bisogna porre un’indicazione chirurgica d’urgenza qualora si sospetti o si dimostri una lesione dei visceri. Il meccanismo di rottura di un viscere può essere dovuto a schiacciamento o a strappamento o a scoppio (un tratto qualsiasi dell’intestino dallo stomaco al retto). La lesione di un viscere profondo può essere sospettata quando vi è dolore, contrattura o difesa della parete. D’altra parte l’avvento dell’ecografia ha mutato di molto anche in questo campo la facilità della diagnosi. In fase di rottura di un viscere addominale il trattamento è necessariamente chirurgico e urgente. Una delle conseguenze dei traumi addominali è l’emoperitoneo, consiste nel versamento ematico endoperitoneale. Può essere di quantità varia, è caratterizzato dallo shock di tipo ipovolemico acuto. Nell’emiperitoneo ci troviamo difronte ad un paziente pallido, sudorante, ipoteso, tachicardico per sanguinamento. Le perdite ematiche possono non essere visibili, a meno che non sia presente un drenaggio addominale il trattamento consiste nell’immediata trasfusione di sangue e nell’interno d’urgenza allo scopo di fermare l’emorragia.
Per trauma degli arti si intende una lesione di continuo parziale o totale dell’osso, detta frattura, prodotta da una forza che ne superi i limiti di resistenza. Le fratture sono distinte in:
Le fratture aperte o esposte sono quelle che si associano ad interruzione dei tegumenti, il che permette ai monconi ossei di frattura di comunicare con l’esterno, con il pericolo di infezione dei monconi e conseguente osteite degli stessi. Per quanto riguarda le fratture chiuso sono quelle in cui non si associa l’interruzione dei tegumenti. Le fratture complete si hanno quando l’interruzione del segmento scheletrico è totale, le fratture incomplete si hanno invece quando l’interruzione è solo parziale. Le fratture incomplete a loro volta possono essere:
In ogni fattura si distingue una sintomatologia subiettiva ed obiettiva. Segni subiettivi sono:
Segni obiettivi sono:
EFFETTI GENERALI DELL’AZIONE TRAUMATICA Gli effetti generali di un’azione traumatica possono essere:
Il Trauma costituisce la prima causa di morte per le persone al di sotto dei 40 anni. Il pesante impatto di questa patologia sui giovani è la causa principale di perdita di anni di lavoro e provoca un costo sociale enorme. Inoltre i traumi gravi hanno frequentemente come conseguenza esiti invalidanti con ulteriori costi aggiuntivi, tanto che negli USA i costi relativi ai traumi ed alle loro conseguenze superano quelli di qualsiasi altra patologia, incluse le affezioni cardiovascolari e neoplastiche. Benché la prevenzione rappresenti il cardine per la riduzione delle patologie traumatiche, il miglioramento del trattamento del paziente politraumatizzato può portare ad una netta riduzione della mortalità ed anche dei costi sociali. Molte delle morti e delle invalidità da trauma sono infatti prevenibili. La percentuale delle morti pervenibili è stimata tra il 33% e il 73% dai diversi autori. Poiché la maggior parte dei decessi conseguenti a trauma avviene prima dell’arrivo in ospedale è di importanza fondamentale migliorare la qualità del soccorso nella fase pre-ospedaliera. Il miglioramento del soccorso pre-ospedaliero ha non solo l’obiettivo di ridurre la mortalità nella prima fase del trattamento, ma sopratutto quello di limitare i danni secondari dovuti ad anossia, ipotensione o a manovre incongrue, fattori che sarebbero responsabili della maggior parte degli esiti gravemente invalidanti. In tempi recenti è stato fatto un grosso sforzo in tutto il mondo per migliorare la qualità del trattamento ai traumatizzati, anche se non vi è ancora un consensus su quale sia la migliore strategia. Esistono tuttavia, nella strategia del soccorso traumatologico, alcuni cardini la cui validità è generalmente riconosciuta: La centralizzazione dei gravi politraumatizzati in pochi centri ad alta specializzazione, si associa, in tutte le statistiche pubblicate, ad una netta riduzione sia della mortalità globale che del numero di decessi prevenibili. La designazione di ospedali dotati di tutti i presidi diagnostici e terapeutici per garantire il trattamento ottimale dei traumatizzati più gravi (trauma center), unitamente ad una strategia di indirizzamento immediato a queste strutture dei feriti gravi (centralizzazione), diminuisce in modo significativo il tempo necessario perché i pazienti ottengano un corretto trattamento definitivo. L’impiego sul terreno di tecniche di rianimazione avanzata permette di ridurre la mortalità e di limitare i danni secondari. Dati della letteratura indicano che tra il 15 e il 35% dei paz. con trauma cranico grave va incontro ad una sofferenza cerebrale secondarie all’ipossia ed all’ipovolemia verificatesi rima dell’arrivo in ospedale e che i pazienti in stato di incoscienza sottoposti ad intubazione tracheale sul posto, hanno il 40% di possibilità in più di sopravvivere con un miglior outcome neurologico. La stabilizzazione dei pazienti sul terreno ha dato ottimi risultati in caso di trauma chiuso e quando sono state impiegate equipe ad alta professionalità. In caso di trauma penetrante, invece, la stabilizzazione sembra non fornire vantaggi rispetto all’immediato trasporto del paziente in ospedale (scoop and run), a condizione che l’ospedale sia accessibile entro pochi minuti ed in grado di affrontare qualsiasi tipo di emergenza chirurgica. L’importanza della stabilizzazione avanzata sul terreno è valutata differentemente nelle casistiche statunitensi ed europee. La discrepanza nei dati è dovuta al diverso tipo di traumi inseriti nelle casistiche ed alle diverse competenze dei soccorritori. Le statistiche USA fanno riferimento ad una situazione in cui prevalgono i traumi penetranti dovuti a ferite da arma da fuoco o da taglio: in questo caso i tempi di arrivo in sala operatoria sono il fattore cruciale. Nella realtà europea, dove prevalgono i traumi chiusi da infortunistica stradale, la stabilizzazione sul terreno, purché garantita da équipe ad alta professionalità appare più importante. L’opportunità di impiegare personale medico nel soccorso pre-ospedaliero al paziente politraumatizzato, è stata a lungo dibattuta. La patologia traumatologica rappresenta un campo del tutto specifico, nel quale l’utilità di ogni singolo atto terapeutico deve essere valutata a fronte dell’allungamento complessivo del tempo di soccorso e dei rischi di complicanze legati all’esecuzione di manovre terapeutiche complesse in condizioni disagiate. E’ evidente pertanto che, perché l’intervento del medico comporti dei vantaggi, il personale medico che interviene sul terreno deve avere assoluta padronanza di tutte le manovre di rianimazione avanzata tra cui l’intubazione tracheale è quella che maggiormente influenza l’outcome. Inoltre, l’adozione di una strategia globale ed integrata di gestione dei traumatizzati più gravi, impone che chi interviene sul terreno abbia la competenza e l’autorevolezza per selezionare i feriti più gravi ed indirizzarli alle strutture ospedaliere più adeguate. Questo aspetto (triage e centralizzazione), risulta di importanza fondamentale nel migliorare l’outcome, tuttavia poiché spesso comporta il by-pass di alcuni ospedali e l’allungamento dei percorsi, è necessario che le decisioni a riguardo siano prese da medici di riconosciuta competenza e nel contesto di una strategia concordata. Nonostante l’aumento della richiesta di prestazioni d’urgenza, le strutture sanitarie a essa deputate sono rimaste per anni organizzate nei medesimi locali, con un numero divenuto ormai carente di operatori sanitari (e, quindi, con carichi lavorativi terribilmente onerosi) e con strumentazioni ormai inadeguate. Una serie di leggi (dal 1991 a oggi) ha codificato le strutture deputate al contrasto dell’emergenza e ne ha fissato gli standard necessari di risorse strutturali, tecnologiche o umane. L’organizzazione deputata al soccorso sul territorio è chiamata 118, dal numero telefonico che la individua, numero unico in tutta Italia, cui corrispondono Centrali Operative Regionali e Provinciali. A esse spetta di allertare il sistema di allarme, verificando telefonicamente la richiesta del cittadino (dispatch telefonico) e stabilendo un prossimo approssimativo triage (codice di priorità) che serve a decidere quale tipo di mezzo di soccorso inviare (ambulanza, ambulanza con medico, ambulanza di rianimazione, elicottero). Il sistema territoriale rileva sul posto il cittadino e, mentre prima lo doveva portare subito all’ospedale più vicino (load and go era l’indicazione), ora deve valutare le condizioni cliniche e i problemi attivi emergenti (stay and play) onde condurre il paziente all’ospedale competente per la patologia in atto (non necessariamente il più vicino), dopo averlo allertato e dopo aver iniziato i primi soccorsi. Nel viaggio di trasporto viene riempita la carta del trasporto, che è una prima cartella clinica che accompagnerà il paziente all’arrivo nella struttura sanitaria. La differenza tra le tipologie è di tipo gerarchico e rispecchia una maggiore complessità e, quindi, una maggiore possibilità di trattare casi di competenza multispecialistica o superspecialistica da parte del DEA di 2° livello. Per esempio, sono pochi i presidi ospedalieri dotati di reparti di neurochirurgia e di cardiochirurgia o di chiusura vascolare; non tutti gli ospedali sono dotati di strumentazioni sofisticate in grado di effettuare in urgenza esami di tomografia computerizzata, risonanza magnetica o scintigrafie e angiografie. Quindi, la diversa complessità e dotazione caratterizza diverse strutture di Pronto Soccorso che avranno anche nei locali di accoglienza e nei reparti destinati all’urgenza standard differenti. Questa terza fase è tuttora in atto e le Regioni e le Aziende ospedaliere e universitarie sono alla ricerca di modelli che forniscano delle linee guida (e cioè "raccomandazioni di comportamento clinico") agli operatori sanitari onde garantire comportamenti omogenei di tutti gli operatori sanitari secondo modelli flessibili, applicabili, chiari, riproducibili. E’ ormai codificata la necessità di una rete dell’emergenza in cui siano garantiti i trasporti e i collegamenti tra le diverse strutture allo scopo di garantire la prestazione migliore per il cittadino e non lo "scarico" tra un presidio e l’altro per conflitto di competenze. Il sistema territoriale del 118 e della Guardia Medica viene ad assumere un compito capillare importante nell’effettuazione del primo triage e nella scelta dell’ospedale ove portare il paziente. Il Pronto Soccorso e il DEA rappresentano la porta d’ingresso in ospedale e il loro corretto funzionamento condiziona il funzionamento di tutto l’ospedale. Per questo i criteri di ammissione attraverso il DEA devono rispondere a requisiti particolari: Riportiamo i protocolli di ammissione in Ospedale per acuti secondo quanto codificato dal gruppo PRUO (Protocollo per la Revisione d’Uso dell’Ospedale):
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