Ciammaichella M. M.
Dirigente Medicio
U.O.C. Medicina Interna I per l’Urgenza
(Direttore: Dott. G. Cerqua)
A.C.O. S. Giovanni - Addolorata - Roma, Italia
 

 

COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA

 

KEYWORDS: CID, fattori della coagulazione

 


DEFINIZIONE

La coagulazione intravascolare disseminata (CID) è una sindrome tromboemorragica acquisita osservabile nel corso di numerose e ben definite situazioni cliniche con evidenza laboratoristica di attivazione procoagulante, attivazione e/o inibizione fibrinolitica, consumo di inibitori, danno o insufficienza multiorgano (ved. TAB 1)

TAB. 1: Eziologia della CID


 

FISIOPATOLOGIA

La fisiopatologia della CID è complessa. I meccanismi principali che la scatenano sono l’attivazione della via estrinseca e della via intrinseca della coagulazione (figg. 1-2), l’adesione e l’aggregazione piastrinica, l’inibizione dei meccanismi anticoagulanti, l’attivazione e/o inibizione della fibrinolisi.
Il sistema fattore tessutale/fattore VII con attivazione della via estrinseca della coagulazione ha un ruolo importante nella formazione della trombina. Il fattore tessutale è una glicoproteina che può essere prodotta dalle cellule endoteliali, dai monociti e dai granulociti. L’attivazione del fattore tessutale sembra essere mediata da citochine proinfiammatorie come il TNF-alfa, IL-1, IL-6. La formazione di trombina indotta dall’attivazione del fattore XII sembra essere meno importante di quella causata dal fattore tessutale.
La CID in corso di sepsi è il risultato dell’azione di batteri che possiedono potenti endotossine- Queste possono determinare CID mediante induzione cellulare del fattore tessutale, danno endoteliale diretto, attivazione del fattore XII, aggregazione piastrinica, inibizione della fibrinolisi, aggregazione leucocitaria, compromissione dei meccanismi di clearance compensatori. I compessi antigene-anticorpo e le endotossine determinano danno endoteliale, attivazione del fattore XII, attivazione del complemento e conversione della precallicreina in callicreina, del chininogeno ad alto peso molecolare in chinina. Ciò determina aumento della permeabilità vascolare, ipotensione e shock.
Il plateled activating factor (PAF) è un mediatore chimico di infiammazione acuta. E’ prodotto dalle piastrine e dalle cellule endoteliali, dai granulociti neutrofili e dai monoliti in seguito a stimoli infettivi ed immunologici. TNF-alfa, IL-1 ed IL-6 stimolano la produzione di PAF che induce la produzione di queste citochine. Il PAF si lega a recettori specifici sulla superficie delle piastrine, le attiva, le agglutina all’endotelio vascolare già danneggiato dalle endotossine e provoca ulteriore trombocitopenia.
LA CID costituisce un modello di accelerato turnover dei fattori coagulativi. Sono soprattutto ridotti fibrinogeno, protrombina, fattori V, VIII, XIII ed in minore misura i fattori X, VII, IX, XI.
Nella CID le piastrine sono spesso ridotte rispetto alle alterazioni coagulative. La trombocitopenia è infatti il risultato del consumo delle piastrine nelle lesioni trombotiche, della loro adesione all’endotelio danneggiato e della loro aggregazione intravascolare causata da endotossine, complessi antigene-anticorpo, trombina, complessi fibrina-FDP e citochine. Questi agenti determinano anche la liberazione di mediatori piastrinici: l’espressione del fattore piastrinico 3 che permette l’interazione dei fattori IXa ed VIIIa e dei fattori Xa e Va, può da sola promuovere la CID. Inoltre, adrenalina e serotonina, secrete dalle piastrine, possono raggiungere elevate concentrazioni determinando vasocostrizione dell’arteriola afferente renale e quindi necrosi corticale.
L’aumentata produzione di fibrina dipende principalmente dall’attivazione della coagulazione mediata dal fattore tessutale. Tuttavia, è stato recentemente dimostrato che i normali meccanismi regolatori della coagulazione sono alterati. I livelli plasmatici di trombomodulina, antitrombina III, proteina S e C sono diminuiti. L’antitrombina III è una proteina sintetizzata dal fegato che inibisce la trombina, i fattori IXa, Xa, XIa e XIIa. La proteina C è una proteina vitamina K dipendente attivata dal complesso trombina-trombomodulina sulle cellule endoteliali. La proteina C attivata con il cofattore proteina S inattiva i fattori Va ed VIIIa ed inoltre inattiva l’inibitore dell’attivatore tessutale del plasminogeno 1 (PAI 1) e l’inibitore della fibrinolisi attivato dalla trombina (TAFI) favorendo l’attivazione fibrinolitica. L’inibitore del fattore tessutale (TFPI) che inibisce Va, VIIa, riduce il rilascio di IL-6 e IL-8 è moderatamente ridotto.
Generalmente l’attività fibrinolitica risulta aumentata soprattutto per il rilascio dell’attivatore del plasminogeno da parte delle cellule endoteliali, ma anche delle piastrine e dei leucociti (attivazione della via estrinseca della fibrinolisi) e per l’interazione del plasminogeno con i fattori XIIa, XIa, callicreina, chininogeno ad alto peso molecolare (attivazione della via intrinseca della fibrinolisi). Tuttavia tale incremento è quasi sempre seguito da una inibizione dell’attività fibrinolitica che dipende da un aumento del PAI-1 mediato da TNF-alfa, IL-1 ed IL-6.
Le alterazioni della coagulazione e della fibrinolisi sono mediate da alcune citochine proinfiammatorie, come TNF-alfa, IL-1 ed IL-6. Le citochine antinfiammatorie come IL-10 regolano l’attivazione della coagulazione. La trombina ed il fattore Xa inducono il rilascio di TNF-alfa, IL1, IL6, IL8 da parte delle cellule mononucleate. Tale feedback positivo può essere responsabile della progressione della CID nella sepsi. La proteina C possiede anche un effetto antinfiammatorio perché inibisce la produzione di TNF-alfa, IL-1, IL-6 e l’adesione dei granulociti neutrofili e dei monociti all’endotelio vascolare mediata dalla selectina E (ELAM 1).
La trombina induce l’espressione da parte delle cellule endoteliali, di trombomodulina, endoteline e selectine. Le endoteline determinano vasospasmo e successiva trombosi con conseguente danno ed insufficienza multiorgano. La selectina E (ELAM 1) stimola l’ulteriore liberazione da parte dei granulociti, dei linfociti e dei monoliti di citochine e del PAF. L’adesione alle pareti endoteliali di monociti e neutrofili ne consente la successiva diapedesi e migrazione nei distretti extravascolari ed espone le cellule endoteliali all’azione lesiva degli enzimi lisosomiali rilasciati dai neutrofili (elastasi, catepsine, radicali liberi dell’ossigeno) con conseguente necrosi cellulare, aumentata permeabilità, emorragie locali e microtrombosi.
I prodotti di degradazione del fibrinogeno/fibrina derivano dall’azione proteolitica dei fattori fibrinolitici. Questi frammenti di proteine agiscono come antitrombine, inibiscono la polimerizzazione della fibrina, producono polimeri di fibrina strutturalmente deficitari, compromettono le funzioni delle piastrine e la clearance reticolo-endoteliale. Inducono, inoltre, il rilascio da parte di monociti e macrofagi, di IL-1, IL-6, PAI-1. La presenza di FDP in circolo in grosse quantità è uno dei fattori patogenetici principali della manifestazione della CID. Dal momento che i d-dimeri derivano solo dalla fibrina, mentre gli FDP sia dal fibrinogeno che dalla fibrina, i d-dimeri sono più specifici degli FDP nella diagnosi di CID.
La maggior parte dei prodotti della coagulazione intravascolare (protrombinasi, fattore piastrinico 3, FDP) nonché degli attivatori della coagulazione (fattori tessutali, endotossine, complessi antigene-anticorpo, stroma eritrocitario) sono rimossi dal circolo dal sistema reticoloendoteliale. Gli epatociti provvedono invece alla clearance dei fattori della coagulazione attivati (IXa, Xa, XIa). Si è ipotizzato che una serie di sostanze saturino e blocchino le funzioni di clearance del sistema reticoloendoteliale ed epatico nella CID. Tale blocco potrebbe essere un importante fattore patogenetico nel perpetuare la CID dopo uno stimolo transitorio. Lo shock e l’endotossinemia, entrambe con ipoperfusione epatica, potrebbero contribuire alla saturazione di questi sistemi di clearance.
La CID è una frequente complicanza della SIRS (sindrome da risposta infiammatoria sistemica) che consiste in una risposta infiammatoria sistemica ad una varietà di insulti clinici gravi. La SIRS si manifesta con due o più delle seguenti condizioni: TC>38° o <36°C, FC>90/m, conteggio dei leucociti >12000/microl. O <4000/microl. oppure presenza di almeno il 10% di forme immature, FR>20 atti/m o PaCO2<32 mmHg. La CID è un fattore predittivo di MOFS (sindrome da insufficienza multiorgano) un’insufficienza conclamata di due o più organi in un paziente acuto tale che la loro omeostasi non può essere mantenuta senza l’intervento esterno. La CID con riduzione di ATIII e proteina C ed aumento di PAI-1 rappresenta un fattore prognostico negativo e può essere responsabile della rapida progressione della MOFS. La riduzione di ATIII e proteina C e l’aumento di PAI-1 nella CID costituiscono fattori predittivi della MOFS.

Figura 1: Attuazione della via estrinseca e della via intrinseca della coagulazione

 

 

Figura 2: Correlazione tra citochine proinfiammatorie, fattori procoagulanti, fattori fibrinolitici e fattori antifibrinolitici

 

 

DIAGNOSI

Per la diagnosi di CID si propone il seguente schema che prevede l’attribuzione di un score a determinate situazioni cliniche:
appropriato quadro clinico (le condizioni che più frequentemente si associano ad una CID fulminante sono lo shock, complicanze ostetriche, sepsi, viremie, neoplasie metastatiche, leucemie, emolisi intravascolare, ustioni, traumi, necrosi tessutali, epatopatie acute, posizionamento di protesi valvolari, leucemia promielocitica, malattie vascolari; la CID di basso grado può essere associata a malattie cardiovascolari, malattie auotimmuni, vasculopatie renali, malattie ematologiche ed infiammatorie croniche) 1 PUNTO
eventi tromboemorragici (si presentano nelle seguenti forme: petecchie, porpora, bolle emorragiche, acrocianosi, franca gangrena, sanguinamento da una ferita, stillicidio da sedi di prelievo venoso, ematomi sottocutanei, sanguinamento nei tessuti profondi. I pazienti con CID di basso grado presentano più spesso emorragie subacute e trombosi diffuse piuttosto che emorragie fulminanti) 1 PUNTO
aumento di PT, PTT, TT 1 PUNTO
trombocitopenia (<130000/microl.) 1 PUNTO
riduzione del fibrinogeno (<150 mg/dl) 1 PUNTO
aumento degli FDP (>10 microgr./ml) 1 PUNTO
aumento dei D-Dimeri (>0,25 microgr./ml, non devono essere trattati con farmaci trombolitici) 1 PUNTO
riduzione ATIII (<75%) 1 PUNTO
TOTALE 8 PUNTI
Score necessario per la diagnosi di CID: 5 PUNTI


ESAMI DI LABORATORIO

L’aumento di PT, PTT, TT nonché la trombocitopenia e la riduzione del fibrinogeno non sono specifici della CID. Dal momento che i D-Dimeri derivano unicamente dalla fibrina, mentre gli FDP derivano sia dalla fibrina che dal fibrinogeno, l’aumento dei D-Dimeri e degli FDP e la riduzione dell’ATIII risultano essere la combinazione più specifica per la diagnosi di CID. Sono diminuiti soprattutto fibrinogeno, protrombina, fattore V, X, XIII. I fattori X, VII, IX, XI sono diminuiti in misura minore. Sono ridotti, inoltre, i fattori anticoagulanti (trombomodulina, ATIII, proteina C, proteina S) ed il plasminogeno. La presenza dei complessi plasmina/alfa2antiplasmina (PAP) e dei complessi plasmina/alfa2macroglobulina costituisce un indicatore della formazione della plasmino. Pertanto, la riduzione del plasminogeno, l’aumento dei complessi PAP, la riduzione dell’alfa2antiplasmina dimostrano l’attivazione del sistema fibrinolitico che è, tuttavia, quasi sempre seguita da un’inibizione per l’aumento del PAI-1 (>20 U/ml per PAI-1 attività e >125 ng/ml per PAI-1 antigene). La riduzione di ATIII, proteina C e trombomodulina unitamente all’aumento del PAI-1 sono correlati alla gravità del quadro clinico e, pertanto, utili per formulare un giudizio prognostico e per un potenziale provvedimento terapeutico. Sono aumentati il fattore piastrinico 4 e la betatromboglobulina , tipici markers di accelerato turnover piastrinico. Sono inoltre presenti schistociti nel 50% dei casi e possono essere presenti i dati biochimici della MOFS (riduzione del pH e della PaO2, creatininemia >2mg/dl, SGOT e SGPT oltre due volte i valori normali, bilirubina >5 mg/dl).

 

 

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Le principali condizioni cliniche che determinano un quadro clinico di e laboratoristico simile a quello della CID sono la fibrinogenolisi e le gravi epatopatie. Nella fibrinogenolisi si riscontrano ipofibrinogenemia, aumento degli FDP, allungamento PT, PTT, TT,deficit fattori V ed VIIIc. Il conteggi piastrinico ed i D-Dimeri sono normali. L’ipoprotrombinemia ed il deficit dei fattori VII, IX, X, XI sono rari.
Nelle gravi epatopatie si verificano numerose anomalie della coagulazione e trombocitopenia ma i D-Dimeri sono normali. Tuttavia, anche le gravi epatopatie possono associarsi ad una CID ed in tal caso i D-Dimeri sono aumentati.

 

TERAPIA

Le principali modalità terapeutiche prevedono la terapia anticoagulante, la terapia sostitutiva con plasma, concentrati piastrinici, concentrati di ATIII.
Anticoagulanti: l’eparina è lo specifico attivatore dell’ATIII e quindi inibisce la trombina, i fattori Ixa, Xa, XIa, XIIa. Nei pazienti con CID di basso grado l’eparina costituisce il trattamento principale perché riduce le manifestazioni tromboemboliche ed emorragiche e migliora i dati laboratoristici. Nei pazienti con CID acuta, casi associati a sepsi, i risultati della terapia eparinica sono meno incoraggianti. Sono preferite basse dosi di eparina 5000-10000 UI sc ogni 12-24 ore come per la profilassi del tromboembolismo venoso. Dosi più elevate (5-8 UI/Kg/h ev) sono manifestate ai pazienti con manifestazione tromboembolica clinicamente evidente o con una estesa deposizione di fibrina come la porpora fulminate e l’acrocianosi. Dal momento che l’eparina a basso peso molecolare possiede un maggiore effetto anti-Xa che anti-Iia, una minore attività inibente sulle piastrine, una minore frequenza di produzione di IgG antipiastrine eparino-dipendenti, può presentare un migliore profilo di impiego rispetto all’eparina non frazionata (75-240 UI/Kg/die sc).
Teoricamente l’anticoagulante più indicato nella CID dovrebbe essere diretto contro l’attività del fattore tessutale (TFPI) che inibisce Xa, VIIa e fattore tessutale, riduce il rilascio delle citochine proinfiammatorie, IL-6 e IL-8. La somministrazione di TFPI ricombinante (bolo ev 0,0125 mg/Kg seguito da infusione continua per 6 ore di 0,05-0,2 mg/Kg/h) inibisce la CID indotta da endotossine in modelli animali e negli uomini.
Terapia sostitutiva con plasma e concentrati piastrinici: è indicata nei pazienti con manifestazioni emorragiche. Il plasma fresco congelato viene somministrato al dosaggio di 10-20 ml/Kg seguito a 10-15 ml/Kg ogni 12 ore controllando l’eventuale sovraccarico di volume.
I concentrati dei fattori coagulativi contengono solo alcuni fattori (II, IX, X) e tracce di fattori attivati. Il crioprecipitato contiene fibrinogeno, fattore VIII, vWF, XIII ma viene impiegato solo nei casi più gravi per il rischio di trombosi con danno agli organi.
I concentrati piastrinici vengono somministrati solo se le piastrine sono inferiori a 10000/microl. avendo come obiettivo un conteggio di 50-60000/microl.
Inibitori dei fattori della coagulazione: la dose di ATIII che deve essere somministrata per raggiungere livelli normali può essere calcolata secondo la seguente formula: dose (unità)=100-ATIII (misurata) x peso corporeo (Kg). Numerose osservazioni cliniche suggeriscono che la riduzione della proteina C nonché della ATIII è associata ad una prognosi infausta. Pertanto, la somministrazione di concentrati di proteina C (10000-100000 U/Kg in modelli animali) potrebbe essere utile nei pazienti con CID. La proteina C attivata viene somministrata al dosaggio di 24 microgr./Kg/h per 96 ore ai pazienti con uno score APACHE > 25 ed insufficienza d’organo da meno di 24 ore.
Trombomodulina: è un recettore di membrana per la trombina sintetizzato dalle cellule endoteliali. Inibisce direttamente la trombina formando il complesso trombomodulina-trombina che attiva la proteina C. Pertanto, l’inibizione della trombina risulta essere dipendente dall’ATIII.
Antiproteinasi: poiché la CID può essere amplificata dalle proteinasi dei neutrofili sono stati proposti trattamenti con antiproteinasi (aprotinina, irudina, eglina) e con inter-alfa-inibitore (IalfaI) L’irudina ricombinante è un potente inibitore della trombina anche se presenta un elevato rischio emorragico che ne limita l’uso. L’IalfaI è presente nel plasma alle concentrazioni di 250 mg/L ed inibisce la proliferazione linfocitaria, l’elastasi dei neutrofili, la catepsina G, la plasmino, modula il rilascio di radicali liberi dell’ossigeno da parte dei neutrofili, inibisce la produzione e l’attività di TNFalfa, IL-1, IL-6, IL-8. Determina minor aumento del PAI-1 in corso di CID. Un altro inibitore della proteasi, il gabexato mesilato, inibisce callicreina, plasmino, C1 esterasi, Xa, trombina. Tutti questi agenti possono aggravare la deposizione intravascolare di fibrina. Dal momento che il sistema fibrinolitico è compromesso soprattutto per l’aumento del PAI-1 è stato suggerito l’impiego di anti-PAI-1 o l’attivatore tessutale del palsminogeno (1,25 mg/Kg in 4 ore).
Inibitori del PAF: il conteggio piastrinico è risultato aumentare durante la CID associata a sepsi dopo la somministrazione di una antagonista del PAF (E5880) (600-1200 mg 2 volte/die ev per 3 gg).
Anticitochine: la somministrazione di TNFalfa a volontari sani determina una rapida attivazione della coagulazione simile a quella provocata da microrganismi o da endotossine. E’ stato dimostrato che la somministrazione di anticorpi monoclinali diretti contro il TNFalfa ne inibisce l’aumento indotto dalle endotossine e lascia immodificata la produzione di trombina. Anticorpi monolocali diretti contro IL-6 inibiscono l’attivazione della coagulazione indotta dalle endotossine negli scimpanzé. Antagonisti per il recettore di IL-1 in pazienti affetti da shock settico determinano una minore formazione di tormbina. Citochine antinfiammatorie come IL-10 in volontari sani annullano gli effetti sulla coagulazione indotto dalle endotossine.

SOMMARIO

L’autore ha esaminato la CID

 

 

SUMMARY

The author examined DIC

 

 

BIBLIOGRAFIA

1) Hugo ten Cate: Pathophysiology of DIC in sepsis. Crit. Care Med. 2000; 9:suppl:S9-S11

2) Yu M: Screening test of DIC: guidelines for rapid and specific laboratory diagnosis. Crit. Care Med. 2000;6:1777-80

3) Gando S: DIC and sustained inflammatory response syndrome predict organ dysfunctions after trauma. Ann. Surg. 1999;1:121-7

4) Levi M: Novel approaches to the management of DIC. Crit. Care Med. 2000;9.suppl. S20-S24

5) Eisele B: ATIII in patients with severe sepsis. Intensive Care Med. 1998;24:663-72